“Giustiziera del suo tiranno, prostituta capace di ridiventar vergine a ogni nuovo amore, sambista inarrivabile, irriducibile debellatrice del diavolo nero, indomita sindacalista dei bordelli, generosa animatrice di ogni rivolta contro l’ingiustizia terrena“, questa è Teresa Batista, che scivola dalla penna di Jorge Amado per andare a comporre un ritratto forte di donna.
Sul premio Nobel Jorge Amado ci sarebbe poco e tanto da dire. La sua letteratura è universale, la sua voce è quella del folklore brasiliano. Amado dà vita a una vera e propria leggenda che si avvicina al racconto popolare, pur restando grandiosa nella sua capacità di dar vita e luoghi e personaggi indimenticabili.
Un’eroina senza paura
L’autore immagina che i fatti gli siano raccontati da estranei, tutti a conoscenza del mito della bellissima protagonista, ormai famosa in tutto il Brasile per le sue gesta. Teresa è una bambina che viene venduta a uno stupratore, un uomo abietto. Non si piega, lei combatte, fino a che un’inaudita violenza sembra piegarla. Per anni sottomessa, lei che era così indomita, riprende vita per combattere. Si rialza sempre, Teresa-Brava-a-Litigare, Teresa- Miele-di-Canna , Teresa-Finita-La-Paura. Il suo amore non è per tutti ma è sempre intenso e passionale, arriva a devastarla e poi salvarla.
Teresa lotta contro le ingiustizie, lei che è una prostituta abituata a non avere nulla. Generosa, bellissima, coraggiosa come poche, affronta la vita e si schiera contro i più deboli, cura il vaiolo, sfugge la morte.
Il bacio di fuoco si dissolve, il ricordo di Teresa Batista sulla bocca: fiume e mare, mare e fiume, un giorno tornerò, anche se pioverà a coltello e il mare si sarà trasformato in un deserto, verrò con le zampe dei granchi che vanno all’indietro, verrò sotto il temporale, naufrago ansioso del porto perduto, del tuo seno di tenera pietra, del tuo ventre come un’anfora, della tua conchiglia di madreperla, alghe di rame, ostrica di bronzo, stella d’oro, mare e fiume, fiume e mare, acque dell’addio, onde del mai più.
Intorno Bahia, Aracaju e Estancia, un Brasile gravido di uomini turpi, prostitute, imbroglioni, canaglie. La legge si aggira sempre e i più poveri sembrano destinati alla miseria e al samba, alla vioelnza dei potenti, se non fosse che Teresa lotta per sè e per tutti gli altri.
Peste, fame e guerra
Tra i personaggi, una serie di uomini ricchi e potenti con il vezzo per le mantenute, e soprattutto uno spietato capitano che le vuole soltanto vergini per poi assoggettarle e tenerle come schiave. Un avvocato che difende chi non può farlo da sè, un marinaio nostalgico, zitelle eccitate, comare pettegole, il tutto va a comporre un grande affresco vivido e reale.
“Peste, fame e guerra” sono nel destino di Teresa, ventisei anni e il peso del mondo sulle spalle. La galera e la morte, l’omicidio e la vita di strada, eppure lei è la chiave per il riscatto sociale, per la resistenza, simbolo di forza e grazia, di buon cuore e amore.
Il difficile per Teresa è stato imparare a piangere, perchè era nata per ridere e stare allegra. Non glielo hanno voluto permettere, ma lei ha tenuto duro, testarda come un mulo quella Teresa Batista. E il paragone è sbagliato, giovanotto, perchè essa non aveva niente del mulo al di fuori della testardaggine; non era nè un maschiaccio, nè una pretenziosa, nè una sboccata – ah, che bocca pulita e profumata che aveva!- nè una vipera, nè una prepotente, nè un’attaccabrighe; se qualcuno le ha dato simili informazioni, o voleva prenderla in giro, o non conosceva Teresa Batista. Era una tiranna solo in amore; come ho già detto e confermo, era nata per amare e solo in amore era rigorosa. E allora perchè l’hanno chiamata Teresa Attaccabrighe? Ebbene, amico mio, proprio perchè era brava a litigare, audace e altera, come lei non c’ era nessuna, ma non ce n’era neanche con un cuore di miele così.
