– Dottore, dottore…
– Non mi chiami dottore.
– Fa scena, in effetti.
– Due volte, poi!
– Dottore.
– Mi dica.
– L’ho rifatto.
– Che cosa?
– Un sogno borghese.
– Racconti.
– Questa volta ho sognato che la mia busta paga veniva dimezzata. È grave?
– Cosa la turba?
– Vorrei che mi licenziassero, ma niente. Io ci provo. Faccio l’indisciplinato, mi creda. Arrivo sempre in ritardo, per cominciare. Mi faccio trovare a fumare sigarette su sigarette fuori, tranquillo, mentre gli altri scalpitano e si adoperano come formiche. Sbuffo quando un collega mi chiede di fare qualcosa. Ci metto giorni e giorni per compiere un’azione semplice e veloce. Mangio persino con la bocca aperta davanti a tutti, a pausa pranzo, mentre guardo i documentari sull’Africa. Insomma, non so più che fare.
– Perchè non si licenzia?
– E quello non posso farlo, capisce? Sarebbe una mia scelta, a quel punto.
– Non la seguo.
– Se mi licenziassero loro sarei sollevato da ogni colpa. Non sarebbe del tutto mia la responsabilità, le pare?
– Vigliaccheria giustificabile?
– Vigliaccheria giustificata. Mi segue?
– La seguo.
– E invece quelli non mi licenziano.
– E allora perché sogna uno stipendio monco, se vuole essere licenziato?
– Perchè faccio sempre questo tipo di sogni, lo sa. L’altra settimana ho sognato di dover pagare il mutuo. Capisce, il mutuo. Adesso sono in fitto in quella catapecchia con un uomo di mezza età rassegnato e una ragazzina ansiosa a cui sudano le mani. Eppure sognavo che dovevo pagare il mutuo ed ero costretto a lavorare per sempre. Capisce, l’angoscia, capisce?
– Capisco, ho un mutuo da pagare anche io.
– A quanto pare, glielo pago io venendo qui. Quindi, pago i mutui degli altri e non il mio.
– Non è esattamente così, ma andiamo oltre. Mi dica cosa la preoccupa. La stabilità?
– Ma che cos’è la stabilità?
– Me lo dica lei.
– Gli psicologi dicono sempre così quando non sanno rispondere.
– Risponda.
– Avere delle stagnanti sicurezze per cui si hanno soldi, sì, e nella migliore delle ipotesi si scala la gerarchia sociale. Però si è infelici, tremendamente. La maggior parte delle volte, a meno che non ingoi qualche pillola, come fa mia zia Adelaide, e a meno che non lasci che il cervello ti si spenga lentamente e accetti che tutto dev’essere com’è. Capisce? E io mica lo accetto, faccio sogni borghesi ma io non l’accetto.
– Non è detto che avere delle sicurezze economiche conduca all’infelicità. Mi sembra una conclusione affrettata.
– Non c’è niente di affrettato, mi creda. Io lo so, lo vedo. Attorno a me tutti sono ossessionati dal comprare. E vogliono l’auto nuova, e poi il televisore e cambiano telefono anche se il precedente funziona ancora. Addirittura un tizio che conosco ha comprato un pelapatate elettrico. Ci pensa? Ma per fare che cosa? Ma perchè l’hanno creato?
– Può essere utile per preparare una cena più velocemente. Pensi all’utilità per i cuochi, ad esempio…
– Il tizio lavora in banca, per dire la verità.
– Cucinerà per sé anche lui, m’immagino, non sia pignolo.
– Ma lei lo sa quanti tipi di pelapatate esistono? Me l’ha fatto vedere. Ha letto recensioni per giorni prima di acquistarne uno. A mano o elettrico? E il tipo di lama? E il manico? E ci sono articoli che classificano i migliori pelapatate in commercio. Io non sto scherzando, non scherzo, ma perché sembro un pazzo io, quando sono gli altri che si impelagano nella follia di scegliere il migliore pelapatate dell’anno? A cosa diavolo serve, perchè impegnare energie fisiche e mentali per produrre una cosa del genere, così inutile? E perchè acquistarla, soprattutto? Dovrei lavorare per questo? Mi dica, mi dica lei.
– Ma allora lei critica la società del consumo, non il suo lavoro.
– Anche il mio lavoro, anche, il lavoro di tutti, di quasi tutti, di noi genere. Di noi specie. Mi capisce o no?
– Capisco.
– Perchè nessuno capisce? Le mie notti sono invase da incubi borghesi. L’ultima volta, sa, ero a casa della mia fidanzata. Ammetto di aver un tantino esagerato con il vino, è che quando qualcuno mi ascolta ma non mi capisce finisco per bere un bicchiere di troppo. Quando mi sono addormentato ho sognato di essere in un labirinto. C’erano mura altissime, frontiere oscure, elettrificate. Avanzavo in preda al panico, era buio, e a un certo punto mi ferivo, ho i ricordi confusi… so solo che al centro del labirinto, terrorizzato com’ero, scoprivo che ero finito nient’altro che all’Ufficio postale. Guardandomi la mano destra, scoprivo di avere il bigliettino con un numero e che era quasi arrivato il mio turno. Uno schermo rosso lampeggiava tenendo il conto.
– …
– Io proprio odio andare alle poste. E mai per spedire o che so, ricevere pacchi, ma solo per fare faccende burocratiche vaghe e contorte. Mi scavano dentro al petto, io mi sento proprio male al pensiero. La fila è la cosa meno peggiore di quegli uffici. C’erano tante porte e c’era l’accettazione, e io lì perso.
– Sicuro fossero le poste?
– Forse era l’INPS, che ne so? Era orribile. Capisce?
– Capisco.
– Perchè nessuno capisce? Quasi quasi comprerò un pelapatate elettrico. Per vedere come usarlo, se davvero conviene. Se è più importante per l’uomo adoperarsi a fabbricare e vendere pelapatate e non a sistemare i problemi che esistono al mondo, uno tra i quali pare sia prendere appuntamento al CAF, voglio verificarlo in prima persona. Da oggi pelerò patate in modo rapido ed efficiente e forse è quella la chiave della felicità, vero? Forse è quella veramente e io non ho capito niente.
– Vorrei farle una domanda franca.
– Chieda, chieda pure.
– La invito a riflettere. Non starà concentrandosi su queste sterili polemiche per non pensare alla sua insoddisfazione personale?
– …
– …
– Guardi, io li detesto gli psicologi, senza offesa, eh. State a riportare ogni caso generale al particolare.
– Qui parliamo di lei, mi sembra logico.
– La logica è per i perdenti. Anzi, per i codardi. E comunque, dottore, voi della mente non sapete granché. Voglio capire a curare i reni, ma con la mente ci fate molto poco, o mi sbaglio?
– Se non crede nella psicoterapia, perché è qui? Il nostro obiettivo è che lei stia meglio, tutto qua.
– Tutto qua? E lei crede che io starò meglio come, fino a che gli uomini fabbricheranno pelapatate? Crede che potrei stare meglio, sapendo che per avere un tetto sopra la testa sono costretto a lavorare per sempre accontentandomi di due settimane di ferie l’anno? Posso sentirmi meglio sapendo che ci siamo ridotti a essere una massa enorme strabordante di individui completamente assuefatti alla compravendita di oggetti inutili? E mi chiedevano cosa volessi fare da grande, bella questa!, sono grande, e non voglio contribuire a questo orrore, a questo Auschwitz del pensiero.
– Spero di non offenderla dicendole che si autocommisera incolpando il mondo esterno per le sue frustrazioni.
– Lei non è un buono psicologo.
– Non le dirò cosa penso di lei come paziente.
– …
– …
– Dottore.
– Sì?
– Li faccia smettere. Non ne posso più di questi sogni borghesi. Ce n’è un altro che non ho avuto il coraggio di confessarle finora. É grave, lo so io stesso, o non l’avrei nascosto.
– Mi dica.
– Mi imbarazza, mi imbarazza per davvero.
– Mi dica!
– Ho sognato che avevo l’ossessione per l’interior design.
– …
– …
– … Continui.
– Me ne vergogno.
– …
– C’era questa casa, forse era la mia, forse pagavo già il mutuo, chissà!, e io sentivo che dovevo, dovevo cercare l’arredamento più consono per rendere giustizia a quegli ambienti così luminosi. La pensavo in questi termini, lo giuro, io non so come sia possibile. E c’era il mio attuale coinquilino alcolizzato che era sobrio e mi aiutava a scegliere le tende, e mi diceva che bisognava necessariamente armonizzare le linee della cucina. E nel sogno io sapevo cosa significava.
– Armonizzare le linee?
– E i colori, anche.
– …
– La prego, mi aiuti a smettere.
– Vada a comprare un pelapatate, lo usi e poi vediamo che succede.

Commenti

Andrò a comprare un pelapatate, subito!!

Così ironico e scritto bene che va dritto al punto liscio come l’olio, finché non ammetti a fine lettura che ti riguarda, ci riguarda tutti… o quasi… Grazie.

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