La porta di Magda Szabò è un romanzo meraviglioso. Dopo la fatica delle prime abbondanti pagine, proprio mentre il lettore inizia a stufarsi, la storia si apre spalancando, narrativamente e metaforicamente, la porta a un flusso di emozioni e riflessioni sull’animo umano.

Emerenc era venuta in città, la città l’aveva accettata, lei invece non aveva accettato la città, perché il suo unico mondo reale esisteva dietro una porta chiusa.

Magda Szabò tesse un romanzo che è un drammatico elogio a Emerenc, la donna delle pulizie che lavora per vent’anni in casa della protagonista scrittrice, che è poi la stessa autrice. Sono necessarie molte descrizioni, poca azione e dialoghi rari ma lunghi perché questo personaggio arrivi a delinearsi con estrema chiarezza nella nostra mente, ma quando accade non ci stacca più dal libro.

Emerenc è una donna instancabile, una lavoratrice eccelsa, benvoluta da tutto il quartiere pur con i suoi modi rudi e la sua onestà sfacciata. Di contro la scrittrice, la padrona, è una donna poco propensa ad abbracciare la verità su se stessa e sugli altri, anche poco empatica, istruita e borghese. Sembra uno scontro a fuoco, inizialmente, tra le due donne diametralmente opposte ma che condividono la stessa solitudine, o forse la stessa paura di aprirsi davvero e amare. Così nasce un legame intenso, tra madre e figlia, data l’età, ma come potrebbe essere anche tra sorelle e amiche.

Vita e morte, religione e ateismo

Emerenc, con la fronte perennemente coperta, con il viso liscio come la superficie di un lago, non aveva mai chiesto niente a nessuno, bastava sempre a sé stessa, così si era accollata i pesi degli altri senza mai dire quello che pesava a lei.

Sullo sfondo, la lotta di classe. Il punto di vista in prima persona della narratrice ci permette di vivere le sue inquietudini nei confronti di un personaggio come Emerenc che spesso è incomprensibile nel suo pensiero cocciuto, nel suo anti intellettualismo, nei suoi modi di fare, tra cui la spudorata e forte critica alla religione. La scrittrice si innervosisce, la detesta, e poi le due trovano sempre la strada della reciproca comprensione, soprattutto mano a mano che Emerenc inizia a svelarsi e confidarsi.

Ogni sera chiude una porta dietro la quale nessuno sa cosa ci sia. La Szabò ce lo lascia scoprire alla fine, quando ormai conosciamo e amiamo Emerenc, la leale e onesta Emerenc, la tenera e ferita Emerenc, che si cela dietro quello scudo di forza. La domestica, una di quelle che sullo sfondo della storia novecentesca ungherese si occupa di dare riparo a chiunque ne abbia bisogno, di qualunque fazione, perché:

Il mondo di Emerenc ammetteva solo due categorie di uomini, chi maneggia la scopa e chi non lo fa, e da chi non scopa ci si può aspettare di tutto.

I temi affrontati dalle due donne, che vedono sempre sconfitta la scrittrice per mancanza di integrità, di convinzione e di coraggio, riguardano la vita e la morte. Emerenc mette Magda di fronte alla sua ipocrisia continuamente, ridicolizzando la Chiesa eppure comportandosi nel profondo da cristiana, portando i piatti dell’amicizia, decisa a costruire una tomba meravigliosa alla sua famiglia. Questa donna esigente, che si offre incondizionatamente, si apre difficilmente e difficilmente perdona: ecco perché il finale è un nodo alla gola ed ecco perché, tutto il rimorso dell’autrice, che fin dall’incipit emergeva, assume un senso nuovo.

Ciò che lascia questo romanzo, La porta, alla fine, è un senso devastante di tenerezza e amarezza. Emerenc, una donna così selvaggiamente buona e impetuosa, che ha attraversato una vita mentre la Storia attraversava lei, che ha perso amori in un lago di sofferenza, alla fine si affida a una sola persona, Magda, la scrittrice incapace di tenere in mano una scopa. Un Giuda, la custode di quella che sarà la fine della sua intera vita. La fine è il compromesso, amando si può soffrire, amando la fiducia può venire tradita.

Chi ha davvero sbagliato, Emerenc dando per scontato che l’oggetto del suo amore l’avrebbe infine compresa e le sarebbe stata vicina lottando per lei, una volta aperta la porta, o ha sbagliato Magda, per cui la vita forse conta più della morte, e per cui amare non è mai corrisposto a donare tutta se stessa?

“Lei ha opinioni diverse da me su tutto, a lei hanno insegnato migliaia di cose, però non riesce mai a capire ciò che merita davvero attenzione. Non vede che è inutile farmi gli occhi dolci? Io non ho bisogno di nessuno che non sia perfettamente mio.”

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